venerdì 24 settembre 2010

Attenzione ragazzi! Una bocciatura potrebbe costare la perdita dell'assegno di mantenimento...

Può un padre togliere l'assegno di mantenimento al figlio a causa dell'ennesimo insuccesso scolastico? La procura di Busto Arsizio ha rigettato la denuncia fatta nei confronti di un genitore. La sua colpa: aver chiuso i cordoni della borsa per spingere il figlio a studiare.

Studia oppure non ti farò uscire per un mese. Questa volta la bocciatura è costata decisamente più di un periodo di "reclusione" in casa o del mancato acquisto di un motorino. Roberto, 19 anni, studia in un istituto tecnico di Gallarate. Di fronte alla seconda bocciatura il padre, separato dalla madre, non ci ha più visto e ha deciso di sospendere l'assegno di mantenimento di 1000 euro al mese. Proprio per questo il ragazzo ha deciso di denunciare penalmente il padre.

TROVATI UN LAVORO

La procura di Busto Arsizio, però, non ha ravvisato motivi per dar seguito alla denuncia. Nella decisione dell'uomo il pm Luca Gaglio ha individuato la volontà di aiutare il figlio a maturare e non quella di sottrarsi agli obblighi imposti per legge. La decisione del padre, imprenditore, sarebbe stata preannunciata al figlio in una lettera inviatagli durante l'anno scolastico, quando la bocciatura iniziava a profilarsi all'orizzonte. Trovati un lavoro, gli avrebbe consigliato il padre. Una decisione in conflitto con altre sentenze del recente passato in cui i giudici avevano stabilito il diritto al mantenimento ben oltre il raggiungimento della maggiore età. Toccherà ora al gip archiviare definitivamente il caso. La questione continuerà però sul piano civile perché agli obblighi decisi dalla sentenza di matrimonio nessuna delle due parti può sottrarsi in modo unilaterale. E chissà che di fronte a un impegno formale del ragazzo il padre non decida di ritornare sui suoi passi.

venerdì 3 settembre 2010

In caso di mancato matrimonio...

...balena sempre il pensiero, quasi come un volo pindarico, se sia possibile o meno essere in qualche modo rimborsati degli esborsi sostenuti per i preparativi, farsi restituire i regali fatti in virtù del fidanzamento ufficiale od in vista della cerimonia, ovvero essere risarciti per i danni subiti a causa delle mancate nozze. Ebbene, in alcuni casi la legge riconosce al promesso sposo (o sposa) la possibilità di recuperare i doni fatti o di ricevere un risarcimento al fine di ripristinare la situazione quo ante e poter voltare le spalle con il minor numero di danni alla loro infausta storia.
In realtà, per quanto vi sia una evidente colpa dell'altro, lo sventurato fidanzato non potrà mai ricevere un rimborso totale per gli esborsi effettutati od il risarcimento completo per tutti i danni e disagi subiti . Il motivo sicuramente predominante è che il nostro ordinamento non può in alcun modo comprimere il diritto fondamentale della persona di essere libera di rifiutarsi a contrarre matrimonio fino all'ultimo momento. Rendere eccessivamente gravoso tale rifiuto al punto da far restuire tutto ciò che si è ricevuto e di far risarcire tutti i danni subiti, equivarrebbe a comprimerlo del tutto. A tal proposito il legislatore ha voluto tassativamente prevedere come uniche forme di restituzione e di ristoro quelle di cui agli artt. 80 ed 81 c.c..
L'art. 80 c.c. prevede la restituzione dei doni fatti in caso di mancato matrimonio e va subito chiarito che il momento da cui scattano tali diritti è il cosiddetto "Fidanzamento Ufficiale" con il quale i fidanzati esprimono pubblicamente le loro serie intenzioni di voler intraprendere un percorso che poi li renda maturi per le nozze. quindi, solo da tale momento, in caso di rottura della coppia, ognuno potrà chiedere all'altro la restituzione dei doni fatti, ma, sia chiaro, esclusivamente di quelli che non potrebbero trovare altra plausibile giustificazione all'infuori del matrimonio.
L'art. 81 c.c., invece, prevede anche un diritto al risarcimento dei danni subiti, ma al fine di essere applicato richiede una vera e propria "Promessa di Matrimonio" fatta per atto pubblico o per scrittura privata da una persona che abbia la capacità a contrarre matrimonio. Al fine di essere applicato, è previsto che vi sia o una mancanza di giusti motivi a non contrarre da parte di uno dei promittenti o che uno di essi, per sua colpa, abbia dato dei giusti motivi per rifiutarlo all'altro. In tali casi, il danno è risarcibile entro il limite in cui le spese e le obbligazioni corrispondono alla condizione delle parti.
Pertanto, possiamo concludere che esiste un tipo di ristoro previsto dal nostro ordinamento per le mancate nozze, ma non ha natura nè contrattuale, nè extracontrattuale ed è unicamente una particolare forma di riparazione collegata direttamente dalla legge alla rottura del fidanzamento senza giusto motivo.

avv. Giovanni D'Ambrosio